Le tech-aziende conquistano la maglia nera delle peggiori aziende in cui lavorare nel mondo: i diritti dei lavoratori sono letteralmente ignorati
Chi avrebbe mai pensato che, in una società che ruota attorno alla tecnologia, che dell’innovazione ha fatto la sua ragion d’essere e che considera i prodotti tecnologici come vera e propria linfa vitale per restare in vita, i colossi del settore tech sono le peggiori aziende dove lavorare nel mondo.
Proprio così: nelle aziende, che si occupano di prodotti tecnologici e che quotidianamente trasformano le idee innovative in prodotti della più avanzata tecnologia, i lavoratori non vengono presi in considerazione. In che senso? La schiavitù non è un qualcosa che si studia soltanto sui libri di storia, ma continua a vivere tutt’ora nella nostra smart society, mascherato dalla filosofia dell’apparenza che invade le menti di miliardi di persone.
Ecco che, le aziende prima citate, le quali operano in un settore in continua evoluzione, si collocano in cima alla lista delle aziende peggiori dove lavorare nel mondo. Un tempestoso mare di abusi, mascherato dalla limpidezza di un cielo fatto di utili prodotti tecnologici.
Le peggiori aziende dove lavorare nel mondo: osservata speciale la Apple.
La domanda sorge spontanea: perché le tech-aziende sfruttano i lavoratori e, soprattutto, come? La questione è abbastanza complicata ed è difficile addentrarsi in un tema tanto vasto, quanto delicato, però, è semplice capire che tali aziende, in molti casi veri e propri colossi dell’economia moderna, ricavano le materie prime, utili per la costruzione di un dispositivo elettronico, in Paesi che continuano ad avere seri problemi con la cultura del rispetto e della tutela dei lavoratori. Una cosa che, forse, sfugge a queste grandi aziende o che più semplicemente fa comodo.
La causa di questi abusi, che calpestano la dignità di tanti lavoratori, risiede nel fatto che la specifica catena del commercio è fatta da numerosi anelli, forse troppi: la grande azienda subappalta altre piccole aziende, le quali hanno la sede principale nei Paesi dove i lavoratori sono sfruttati, e non riescono a mantere il pieno controllo su quanto accade a chilometri di distanza. Ecco che, se un lavoratore è sfruttato a chilometri di distanza, la negativa situazione giunge fino alla grande azienda, minando la sua reputazione e favorendo il suo ingresso nella classifica delle peggiori aziende dove lavorare nel mondo.
Tra le tante aziende, controllate dagli organi competenti in materia di sicurezza e tutela dei lavoratori, vi è anche la Apple, la quale solo negli ultimi anni è riuscita a risollevare, attraverso una vera e propria rivoluzione interna, la propria posizione. Infatti, Apple ha aumentato i controlli sulla sua catena di produzione e distribuzione, anche se il punteggio (riportato dal report di KnowTheChain) è poco superiore alla sufficienza (figuriamoci prima): 62/100.
Restano le giapponesi le peggiori aziende in cui lavorare nel mondo
Il Giappone, Paese dalle incredibili tradizioni e dalla storia millenaria, dove regna incontrastato il principio del rispetto per chi si ha accanto, non è riuscito a tramettere tali valori a chi nel mondo della tecnologia ha ritagliato il suo business di successo.
Canon, Keyence e tante altre hanno fatto registrare punteggi che sfiorano lo zero: i lavoratori sono trattati come schiavi, specialmente coloro che vengono etichettati come “gaijin” (stranieri, migranti).
Stessa cosa anche per la Malesia: tutela dei lavoratori inesistente.
“Il lavoro rende liberi” sembra una frase non circoscritta ai soli bui anni della seconda guerra mondiale!